Tigrane, Venezia, Rossetti, 1741

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 TIGRANE
 
 
    Drama per musica da rappresentarsi nel famosissimo teatro Grimani di San Giovanni Grisostomo, l’autunno dell’anno MDCCXLI, dedicato a sua eccellenza il signor conte Prospero Valmarana, patrizio veneto.
    In Venezia, MDCCXLI, per Marino Rossetti, con licenza de’ superiori.
 
 
 Eccellenza,
    tutti quelli che hanno l’onore di conoscere l’eccellenza vostra meco certamente confesseranno che la soave idea del vostro volto sa così bene conciliarsi la venerazione siccome sa obligar gli animi la dolce attrattiva degl’adorabili vasti costumi. Io, che mi glorio d’essere del numero degli ammiratori del vostro merito, sospirai finor l’occasione di darvi un publico testimonio dell’ossequiosa mia divozione, onde non mi tacciate di troppo ardito, se vengo così francamente a porgervi questa mia umilissima offerta, unito alla quale intendo di consacrarvi tutto il mio cuore. A vostra eccellenza dedico la prima opera che dee rappresentarsi in quest’anno nel famosissimo teatro, detto di San Giovanni Grisostomo; e siccome riguardo alla nobiltà del teatro ed alla qualità del dramma, ch’è fatica di penna errudita, credo degna di voi, qualunque ella sia, la mia umilissima offerta, così son certo di recar fregio al teatro medesimo ed all’autor di esso dramma, dedicandolo ad un cavaliere di tanti e sì segnalati meriti adorno, siccome lo è in alto grado l’eccellenza vostra. Infatti, se riguardo io la nobiltà antichissima del vostro illustre casato, scorgo essere la vostra famiglia delle più cospicue d’Italia, poiché sin dall’anno 1540, in cui Carlo quinto profuse ne’ vostri famosi antenati i più rimarcabili doni dell’imperial facoltà, asserì essere li due vostri valorosi proavi, Giovan Luiggi e Giacomo, discendenti ex nobili ac vetustissima Marianorum gente, dando loro fra gl’altri innumerabili privilegi quello di ornare il nobilissimo stemma de’ Valmariani coll’aquila di sette capi, dichiarandone a gloria vostra il mistero; et hoc ad maiorem et firmiorem memoriam septimi consulatus romani Marii, a quo denominati estis. Qual serie di famosi eroi abbia precceduta questa speciosa epoca del decimoquinto secolo e quali in appresso ne abbia prodotto la vostra illustre prosapia non è da descriversi nel brieve spazio di una dedicatoria. Le arme, la toga, la penna, la chiesa santa hanno egualmente avuti degl’eroi parziali ne’ vostri antenati, tutti impegnati ad accrescere lo splendore ad una sì cospicua famiglia. Mancava ad essa l’eccelso venerabile fregio d’essere annoverata fra le patrizie di questa serenissima, sempre invitta repubblica, ed infatti abbracciò con tanto giubilo questa clementissima madre i vostri maggiori, suoi dilettissimi figli, con quanta venerazione si proccacciarono essi il segnalato vantaggio della sua materna predilezione. Tutto ciò non meno che gl’abbondantissimi beni della fortuna grande vi hanno fatto nascere ma le doti dell’animo vostro ed il buon uso che fatte delle vostre dovizie e della cognizione di voi medesimo vi pareggiano a quegl’eroi da cui traete e l’origine e le facoltà. Voi in etade appena di quattro lustri mostrate uno spirito sì regolato che ci assicura da voi il modelo di un ottimo cavaliere. L’amor delle lettere, il diletto delle belle arti, la vostra affabilità, la modestia vostra e la gentilezza del vostro tratto sono troppo belli argomenti delle comuni nostre speranze, allorché avvanzando negl’anni avvanzerete nelle virtù; né vi sarà grado eminente in questa gloriosa repubblica a cui il merito vostro guidarvi non sappia, anzi voi, seguendo in ciò quella strada che vi hanno insegnata e che v’insegnano tuttavia li vostri maggiori, sarete poi il più nobile essemplare de’ vostri nipoti. Io vi dedico ora questo dramma come un onesto divertimento, alla vostra età presente addattato; spero con il corso del tempo opere dedicarvi di maggior peso e farvi maggiormente comprendere quanto io abbia in venerazione il vostro illustre nome, supplicandovi ossequiosamente concedermi l’onore di sottoscrivermi, col più profondo rispetto, di vostra eccellenza umilissimo, devotissimo, obligatissimo servitore.
 
    Carlo Goldoni
 
    Venezia, li 17 novembre 1741
 
 
 ARGOMENTO
 
    Quel famoso Mitridate, re di Ponto e d’altre provincie dell’Asia, che con quarant’anni di continua guerra quasi stancò la potenza romana, per farsi sempre più forte contro della medesima, cercò per suo collega Tigrane, re dell’Armenia; e per esserne più sicuro, gli diede la propria figliola, Cleopatra, in isposa (Giustino istorico, libro XXXVIII).
    Fingesi che tra i re d’Armenia e quei di Ponto fosse grande ed antica inimicizia, che Tigrane, invaghitosi, per fama, della bellezza di Cleopatra, colà, sotto nome d’Argene, si portasse, e che, servendo il di lei padre in armata, per suo valore non solo giugnesse ad esserne capo, ma che in poco tratto acquistasse a Mitridate i regni di Bitinia e di Capadoccia, di questo spogliandone Ariobarsene e di quello poi Nicomede.
    Fingesi inoltre che di occulto vicendevole amore ardessero Cleopatra e Tigrane, e che alle nozze della medesima aspirasse anco Oronte, fratello di Apamia, dama di Ponto, amante, non curata, di Tigrane ed amata da Mitridate, già libero per la morte della consorte; ma la costanza di Cleopatra ed il valor di Tigrane trionfano.
    La scena fingesi in Sinope, città di Ponto.
 
 
 INTERLOCUTORI
 
 MITRIDATE re di Ponto ed amante di Apamia
 (il signor Francesco Tolve)
 CLEOPATRA figliuola di Mitridate ed amante di Tigrane
 (la signora Vittoria Tesi Tramontini)
 TIGRANE re di Armenia sotto nome d’Argene, amante di Cleopatra
 (il signor Lorenzo Gherardi, virtuoso di camera di sua altezza elettorale di Baviera)
 APAMIA sorella di Oronte ed amante di Tigrane
 (la signora Antonia Tomi)
 ORONTE principe di Sinope, fratello di Apamia ed amante di Cleopatra
 (il signor Antonio Uberi detto il Porporino)
 CLEARTE principe de’ Messageti, confederato di Mitridate ed amico di Tigrane
 (la signora Rosa Paganini Souvter)
 
    La musica è del signor Giuseppe Arena, maestro di capella napolitano.
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Atto primo: vasta campagna nelle vicinanze di Sinope, donde vien con l’esercito trionfante Tigrane, veggendosi pur anco una piazza con archi, statue e trofei; appartamenti nel palazzo reale.
    Atto secondo: giardino di fiori con pergolati e con fontane; stanze del palazzo reale ove è custodito Tigrane; borghi della città con tende militari, in prospetto essendovi le mura del castello che abbattute dagli arieti di Tigrane e Clearte lasciano per larga apertura vedere il palazzo regio, con una grande scalinata.
    Atto terzo: accampamento de’ Messageti, seguaci di Clearte e di Tigrane, con gran padiglione, la di cui cortina, alzandosi, lascia veder Cleopatra svenuta; appartamenti nel palazzo reale; parte interiore del tempio di Giove coll’altare d’Imeneo, con vasi preparati per le vittime e con instromenti da sagrificio.
    Le sudette sono d’invenzione e direzione del signor Antonio Joli, servidor attuale di sua altezza serenissima il signor duca di Modona. Inventore e direttor de’ balli il signor Gaetano Grossatesta. Inventore degli abiti il signor Nadal Canciani. Inventor delle operazioni militari il signor Santo Lancirotti.